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Il paesaggio e l’estetica futurista della macchina

Il paesaggio e l’estetica futurista della macchina

Il paesaggio e l’estetica futurista della macchina apparve nel 1931 nella collana “Visioni spirituali d’Italia” di Jolanda de Blasi1, che accolse anche il suo Itinerari amorosi d’Italia.

Fu un’edizione limitata a 103 esemplari, di cui 3 fuori commercio e gli altri numerati da 1 a 100.

L’opera di Marinetti spicca fra le altre per il suo taglio futurista. Nella collana le “visioni” dei vari autori sono geograficamente ben definite, come Firenze di Giovanni Papini, Versilia di Lorenzo Viani, Calabria di Corrado Alvaro, e poi Maremma, I Colli Euganei, Venezia, Molise, Roma antica, Toscana minore, Dalmazia, Genova, Milano, Bologna, Umbria, Fiume.

Altre opere, come Il paesaggio e l’estetica futurista della macchina, furono dedicate a contesti ben precisi: Itinerari amorosi d’Italia della stessa de Blasi, Novecentismo letterario di Massimo Bontempelli, I luoghi comuni del paesaggio italiano di Enrico Sacchetti, L’Italia dei poeti drammatici di Lucio D’Ambra, Gli scavi d’Italia di Pericle Ducati.

1 Jolanda de Blasi (Catanzaro 1888-Firenze 1964) fu insegnante, scrittrice, saggista e traduttrice.

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Incipit de Il paesaggio e l’estetica futurista della macchina

(Prefazione)

Pochi giorni fa, al Teatro Argentina, mi sono talmente accaldato nell’esaltare, coimmagini futuriste, l’eroica trasvolata in squadra degli aviatori italiani, che volli prolungare la gioia lirica nel cielo fresco e dorato di Roma invernale.

Prendendo quota con la mia consorte e aeropittrice futurista Benedetta, nell’apparecchio del pilota Donati, mi regalai oltre questo raffreddore che mi vela la voce, una stupefacente successione quasi simultanea di paesaggi italiani. Nel decollare perlustrammo un lento paesaggio tipicamente romano di prati molli e verdi dove il sole cammina a passi conventuali fra belle popolane e pupi grassi, nel cerchio di colline ornate di sereni pini a ombrello. Atmosfera feconda e lieta senza tormento né ambizioni; assolutamente diversa da quella che l’apparecchio perforò spiralicamente a 500 e 600 metri.

Secondo paesaggio dinamizzato dall’anguillamento delle acque e delle nuvole che rimestavano raccoglievano e sparpagliavano abitati scintillanti e boschi concentrati come pugni d’odio. Il freddo aumentò. Il vento dell’elica evocava le valanghe, e così entrammo nel terzo paesaggio quasi polare dei mille metri. Paesaggio astratto. Prati, agglomerazioni cittadine, folti e colline ci offrono le loro linee essenziali, i loro congelati scheletri ridotti a quasi nulla. In pochi minuti tre temperature, tre stati d’animo, tre paesaggi diversi. Più un raffreddore che mi costringe a rimandare la declamazione delle poesie alla prossima grande Mostra che inaugureremo nella galleria Botti di Firenze.

Così il Futurismo, nato venti anni fa a Milano e scoppiato, come una bomba di genio inventivo, nella vostra signorile cesellata e sognante Firenze, torna fra di voi dopo violente battaglie e indiscutibili vittorie per dimostrarvi come le più temerarie ricerche della plastica e della poesia vadano d’accordo con l’audace e novatrice Accademia Mussoliniana. La feluca, dato il suo significato originario arabo, è sempre una barca snella lunga e veloce.

Ai Fiorentini che subiscono i malinconici scricchiolii di quelle nostalgiche torpediniere arenate che sono oggi gli ex futuristi ricaduti nel passatismo, noi offriamo lo spettacolo potente dei giovani futuristi.

  • Il paesaggio e l’estetica futurista…
  • Casa editrice Nemi
  • 1931
  • 46 pagine
  • Lire 5
  • Prefazione
  • Il paesaggio italiano letterario
  • Il paesaggio italiano inventato dai grandi pittori classici
  • Il paesaggio italiano sintetizzato dalla velocità
  • Il paesaggio italiano degli aeropittori futuristi
  • Le prospettive aeree del paesaggio italiano
  • Il paesaggio italiano aereo policentrico
  • Il paesaggio italiano nelle opere del futurista Marasco
  • Il paesaggio italiano meccanizzato
  • Il paesaggio italiano nelle sintesi plastiche di Thayaht
  • Il paesaggio italiano di ferro e cemento di Sant’Elia