L’alcova d’acciaio è un “romanzo vissuto” del 1921, come recita il sottotitolo. Ma è vissuto ancor prima di circolare fra i lettori, perché subisce la censura dell’epoca a causa della sovraccoperta ritenuta sconcia.
La copertina è un’illustrazione dell’artista Lorenzo Valentino Contratti (1886-1940), che si firma con il nome d’arte Renzo C. Ventura (dal cognome della madre) e collabora con la Casa Editrice Vitagliano illustrandone i libri.
Il Ventura non è nuovo alla censura: già nel 1919 fu condannato, assieme all’autore e all’editore, a multa e pena detentiva per oltraggio al pudore, a causa del romanzo Le adolescenti di Mario Mariani, che l’artista aveva illustrato.
Ed ecco che la storia si ripete due anni dopo: la censura colpisce e ordina che vengano tolte le sovraccoperte da tutti i libri in commercio de L’alcova d’acciaio.
Il fatidico numero 11 è presente anche in questo romanzo:
La 74
Non conoscete la mia nuova amante? Ve la presenterò. Intendiamoci, quella preferita, che escluderà tutte le altre e sarà forse definitiva.
Non ha un nome, ha un numero e ciò mi piace poiché ogni Rosina è sempre tradita dal ricordo di un’altra Rosina, ogni Maria dal ricordo di un’altra Maria. La mia nuove amante si chiama 74. 7 e 4 fanno 11. Il mio (numero augurale che mi segue dovunque e mi è più o meno sempre favorevole.
La 74 – e dunque l’alcova d’acciaio – è l’autoblindomitragliatrice Ansaldo-Lancia 1ZM, con cui Marinetti entrò a Tolmezzo il 4 novembre 1918.
E 11 è anche la somma di 29 (2+9), il numero di capitoli del romanzo. Ma l’undici compare altre volte qui e là nell’opera.
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Incipit de L’alcova d’acciaio
L’offensiva dell’amore
La sera del primo giugno 1918 nella baracca dei bombardieri piantata spavaldamente a sghimbescio sopra una cresta montana di Val d’Astico, si mangiava e beveva allegramente. Le lunghe lunghe forchette rosse del tramonto s’intrecciavano con le nostre, arrotolando gli spaghetti sanguigni e fumanti. Una ventina di ufficiali, tenenti, capitani, colonnello Squilloni giocondo e pettoruto a capo-tavola. Fame da bombardieri dopo una giornata di lavoro duro. Silenzio religioso di bocche che masticano preghiere succolente. Teste chine sui piatti. Ma i più giovani non amano le pause, e vogliono ridere, agire. Sanno la mia fantasia feconda in beffe e mi eccitano con occhiate. C’è troppo silenzio a tavola, e il buon dottore è troppo gravemente assorto nel rito della pasta asciutta.
Con quattro bocconi io placo il mio stomaco poi mi alzo e brandendo una forchettata di spaghetti, dico ad alta voce:
— Per non impantanare la nostra sensibilità, spostamento di due posti a destra, march!
Poi tirando su alla meglio piatti, bicchiere, pane, coltello, spingo brutalmente il mio compagno di destra, che a malincuore cede, tira su tutto anche lui e spinge a destra. I giovani, pronti, eseguiscono l’esercizio, ma il dottore sbuffa, brontola, grida. Lo sollevano di peso. Il piatto di maccheroni gli si rovescia sulla giubba. Crollo di bicchieri. Inondazione di vino. Risate, urli, schiamazzo. Tutti spingono il dottore, lo pigiano come l’uva. Schizzano le sue urla.
Dominando il tumulto, io comando:
— Spostamento riuscito! Tutti seduti! Ma guai, guai a chi lascia ancora impantanare la propria sensibilità!… E tu, caro dottore, non dimenticare che la più alta e preziosa delle virtù è l’elasticità. Come potresti, senza elasticità, curare un bubbone, un callo, una sifilide, una otite, o il rammollimento di certi superiori? Con elasticità, abbiamo abbandonato il Carso dopo Caporetto, abbiamo riso mentre il cuore piangeva nella ritirata. Come potremmo, senza elasticità, schiacciare il passatismo austro-ungarico, rinnovare integralmente l’Italia dopo la vittoria? T’impongo, caro dottore, d’interrompere con elasticità futurista la tua spanciata passatista!
Tutti ridono. Il dottore mi guarda spaventato. Minacciandolo burlescamente, impongo:
— Per non impantanare la nostra sensibilità, piatti e bicchieri nelle mani! Giro totale della tavola, in corteo!
Il frastuono diventa infernale. Urti, scossoni, «Basta!» o «Finiamola!» pugni, capitomboli, o «Accidenti!»
- L’alcova d’acciaio
- Casa Editrice Vitagliano
- 1921
- 384 pagine
- Lire 9
- I. – L’offensiva dell’amore
- II. – La Dama al Balcone e le serenate massacrate
- III. – La battaglia chimica e gli aloni azzurri
- IV. – Una donna-premio
- V. – Il pazzo
- VI. – Un’esposizione futurista navale
- VII. – La 74
- VIII. – Gli equipaggi della Luna
- IX. – Il Deposito fa schifo
- X. – Vita da cow-boys
- XI. – La marchesa Casati e i balli futuristi
- XII. – Una festa napoleonica
- XIII. – I veleni del Golfo
- XIV. – Una festa petroliniana
- XV. – Cavalleria medioevale e blindate futuriste
- XVI. – Le ville nostalgiche
- XVII. – Duello fra Caviglia e la pioggia
- XVIII. – La Vittoria
- XIX. – La villa devastata
- XX. – Le Forze della gioia, della pietà e della vendetta
- XXI. – Lavami, lavami, o amore
- XXII. – Fiumi, campane, donne e mitragliatrici innamorate
- XXIII. – Massaggio del corpo divino dell’Italia
- XXIV. – Un parto in blindata
- XXV. – Un esercito in trappola
- XXVI. – Pagiolin, colombo viaggiatore
- XXVII. – Un’isola profumata nel fiume puzzolente
- XXVIII. – La più bella notte d’amore
- XXIX. – A mensa col vinto fra i rottami dell’Impero Austroungarico