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Gli anni Quaranta, la guerra in Russia e la fine

Il 2 febbraio 1940 sulla «Gazzetta del Popolo» esce il manifesto “La matematica futurista”, sottoscritto anche da Marcello Puma e Pino Masnata.

Il 5 giugno Marinetti pubblica Il poema non umano dei tecnicismi (Mondadori, Milano), che dedica alla “esemplare italianità dinamica autonoma creatrice della Snia Viscosa”.

Marinetti di nuovo in guerra

Il 10 giugno l’Italia entra nella Seconda guerra mondiale. Marinetti non può partire, viene operato per la seconda volta, la prima a inizio anno per un’emorragia interna. Prima di partire subirà un’altra operazione, questa volta all’ernia.

Il 4 aprile 1941, su «Il Popolo di Trieste», pubblica “Il Poema del 23 marzo”, nuovo titolo del Poema dei Sansepolcristi del 1939.

Il 271 luglio 1942, in piena coerenza con le sue idee, il poeta combattente parte finalmente per la guerra. Ha 65 anni. A salutarlo a Verona c’è tutta la sua famiglia, Benedetta con le figlie Ala, Vittoria e Luce.

Marinetti ha scelto la destinazione peggiore: la Russia. Con lui c’è anche Alberto Cappa, fratello di Benedetta, che non farà ritorno: fatto prigioniero durante la ritirata, morirà assiderato e ferito all’interno di un carro bestiame.

Marinetti, inquadrato nel Raggruppamento XXIII Marzo, è a Kantemirovka. Ricorderà nel suo discorso tenuto alla Reale Accademia d’Italia l’11 gennaio 1943:

Al fronte russo non dimenticai però la mia funzione di Accademico d’Italia e ricordando il nostro ottimo vocabolario dovuto nella sua indiscutibile perfezione all’alto ingegno del compianto carissimo Bertoni propongo di aggiungere al vocabolo «baratto» «città russa ridotta a piazza e strade dove si barattano le più disparate cose»

A Voroscilograd ho visto barattare gonne usate con bottiglie di miele serrature ombrelli tre chiavi una scarpa

Pensando ad un possibile scambio d’idee disparate tentavo di godere il sole russo paragonabile ad una tonda noia d’oro davanti alla mia isba di Kantamirovka

L’agosto che è un mese particolarmente italiano mi regalò subito un dolce canto di voci giovanili con cui s’avanzava la marciante e quadrupedante Divisione Cuneense forte di sedicimila uomini e di molte migliaia di muli cavalli cannoni carri carrette e autocarri rombanti2

[…]

Alle due di notte sotto la gelata grande orsa che riverberava laggiù a 3.000 chilometri le nobili luci di Roma io dentro e fuori dell’isba col mio attendente calzolaio palermitano sintetizzavo un sacco militare di bombe a mano lettino da campo cioccolato tinnule medaglie della Madonna di Pompei ricordi e baci poesie futuriste di camerati ufficiali copie di «Mediterraneo Futurista» e «Agenzia A. L. A.» e letterine d’auguri di Benedetta e delle mie bambine3

Quell’anno un suo scritto poetico, assieme a scritti di altri autori, compare nell’autobiografia del pittore futurista Guglielmo Sansoni Tato racconTato da Tato, 20 anni di futurismo (Casa Editrice Oberdan Zucchi S.A., Milano).

Marinetti, spinto dal medico per le sue condizioni di salute, fa ritorno in Italia, partendo dal fronte il 5 novembre.

Scritti bellici

I suoi scritti successivi, almeno quelli che riesce a pubblicare4, sono tutti incentrati sulla guerra. Il 15 maggio 1942 dà alle stampe Canto eroi e macchine della guerra mussoliniana (Mondadori, Milano) e il 12 luglio L’esercito italiano. Poesia armata (Cenacolo, Roma).

A gennaio 1943, assieme a vari autori, pubblica il Canzoniere futurista amoroso guerriero (Edizioni dell’Istituto Grafico Brizio, Savona) e a ottobre si trasferisce a Venezia con la famiglia.

Nel 1944 pubblica due aeropoemi: L’aeropoema di Cozzarini: primo eroe dell’esercito repubblicano (Edizioni Erre) e il 31 maggio, sulla «Gazzetta del Popolo», il breve componimento “L’aeropoema degli aviatori giapponesi”.

“Nel cielo della notte lunare”

Negli ultimi mesi di vita, a partire da luglio, Marinetti, assieme a Benedetta e alla figlia Luce, si trasferisce a Salò. Più tardi manderanno le figlie Vittoria e Ala a Lora, presso Como, con cui si riuniranno nel settembre, fermandosi prima a Como, poi a Cadenabbia, infine a Bellagio, sul lago di Como, all’hotel Splendido.

Lì, il 2 dicembre 1944, poco dopo l’una di notte5, Filippo Tommaso Marinetti si spegne per una crisi cardiaca.

È Benedetta a ricordare il suo ultimo giorno di vita. «Nel dormiveglia», le disse Marinetti il 1° dicembre, «ho precisato un poema per l’Italia». Lo scrisse in riva al lago, proprio nel suo ultimo giorno di vita, sul quaderno della figlia Vittoria.

Il tema è ancora la guerra. Poeta combattente fino all’ultimo. Quarto d’ora di poesia della X Mas sarà pubblicato il 3 gennaio 1945 sul «Corriere della Sera», poi in volume con la riproduzione dei manoscritti autografi e un’introduzione di Benedetta.

Da quel momento inizierà la vergognosa “quarantena editoriale”: le opere di Marinetti saranno ingiustamente ignorate per un quarto di secolo.

È l’1 e 20 del 2 dicembre quando Marinetti si sveglia. Così Benedetta ricorda i suoi ultimi istanti:

Mi guardò concentrando nello sguardo una sorprendente potenza di pensiero disperato interrogante, mentre la bocca disegnava non espresso un violento canto alla vita.

Dio mi concesse un sorriso per confortarlo. E fu nel cielo della notte lunare.6

Significativo, e anche profetico, che l’ultima parola vergata da Marinetti in quel suo ultimo componimento sia “eterno”. Eterno come il Futurismo da lui creato, eterno come lui stesso, genio di avanguardie letterarie, poeta combattente la cui memoria si eternerà nei secoli.

1 Cammarota, in op. cit., riporta invece il 28.

2 Camicie nere e poeti futuristi combattenti a Sviniuca sul Don 12 settembre 1942, Reale Accademia d’Italia, 29 aprile 1943, pp. 7-8.

3 Ivi, p. 9.

4 I due memoriali La grande Milano tradizionale e futurista e Una sensibilità italiana nata in Egitto sono scritti in questo periodo, ma pubblicati postumi.

5 Il certificato di morte riporta le ore 3.

6 Quarto d’ora di poesia della X Mas, Mondadori, Milano, 23 gennaio 1945, p. 11.