Vai ai contenuti Skip to footer

L’originalità napoletana del poeta Salvatore Di Giacomo

L’originalità napoletana del poeta Salvatore Di Giacomo

Questo volume è la seconda delle due biografie scritte da Marinetti, entrambe pubblicate nel 1936: la prima fu ad agosto, il saggio biografico Notari scrittore nuovo.

Salvatore Di Giacomo (1860-1934) fu non solo poeta, ma anche novelliere, drammaturgo, saggista e accademico d’Italia dal 1929.

Nell’opera Marinetti lo paragona al milanese Carlo Porta e al provenzale Mistral, per aver cantato nelle loro poesie l’ambiente in cui hanno vissuto. Così nella sua disamina Marinetti non rifugge dal “vicolo napoletano” e dallo “scugnizzo”, emblemi della Napoli di Salvatore Di Giacomo.

Napoli che Marinetti definisce «patetico e vibrante motore» la cui benzina è quasi sempre il sentimento.

Nella poesia di Di Giacomo Marinetti individua 3 forme: una futurista, e qui parla del poemetto “’O munasterio”, una più artistica, come “San Francisco”, e infine l’ultima forma, quella delle canzoni e delle serenate.

Scopri l’opera

Incipit de L’originalità napoletana del poeta Salvatore Di Giacomo

Il parlare di Salvatore Di Giacomo, e specialmente della sua originalità napoletana, è un ardimento, perché non sono napoletano. Ma ho dato molte prove di conoscere amare la vostra Città Passionale e credo di superare le difficoltà.

Non intendo polemizzare col mio camerata dell’Accademia S. E. Ugo Ojetti, perché è lecito, con una figura complessa di poeta insistere in un solo punto di vista e omettere qualità importanti.

Da poeta, ho prediletto Salvatore Di Giacomo. Il grande poeta brilla per il fuoco profondo ch’egli accende nei suoi contemporanei, fuoco musicale che varca le frontiere e diventa concerto universale. Non pongo la questione del dialetto. Affermo che il dialetto vive in quanto è animato da un forte scrittore. Quando il dialetto non riesce più a scatenare fuori di sé un’originalità alta, esso decade e muore. Nell’opera di Salvatore Di Giacomo il dialetto napoletano manifesta una magia plastica e musicale. Parlerò poi del dialetto milanese e del suo grande poeta Carlo Porta.

Il dialetto in Di Giacomo è congenito. I suoi sentimenti trovano il loro veicolo naturale nel dialetto, e conseguentemente i ritmi e le cadenze. Genio di poeta spontaneo e volitivo insieme come tutti i grandi poeti, a misura che dai suoi nervi sprizzavano come scintille le espressioni, queste scintille erano da lui volitivamente perfezionate: questo vibrante e commosso perfezionamento continuo costituisce la sua personalità.

Si dirà perché mai un poeta futurista parla di Salvatore Di Giacomo. I poeti futuristi come me, hanno avuto sempre un amore assoluto per l’Italia e quindi per le sue bellezze compresa quella esaltata e descritta da Di Giacomo: Napoli.

Un altro problema si pone. Un grande poeta come Salvatore Di Giacomo può essere considerato passatista?

No. Il passatista è ben diverso: ve ne farò il ritratto.

Passatista in arte è colui che, maneggiando una materia incandescente, ne rimane schiacciato e consunto. Per esempio, se si tratta del blocco incandescente di sentimenti colori gesti suoni che caratterizza Napoli chiamo passatista il poeta che non lo sa plasmare.

Da grande poeta, Salvatore Di Giacomo maneggia questo blocco di lava, lo fa suo, lo trasfigura, lo spreme, lo domina e lo rende immortale.

  • L’originalità napoletana del poeta…
  • Casella editore
  • 15 novembre 1936
  • 24 pagine
  • Lire 2

Non esiste indice.