Un guanto, un appuntamento alle prime luci dell’alba, un’onta da vendicare.
L’è vero, la sfida a duello è una romanticheria passatista da cavalieri medievali e da vecchi parrucconi vittoriani. Ma se per un attimo l’accostassimo alle dispute salottiere odierne, dove letterati fluidi e modaioli abbaiano rabbiosi e isterici, ecco che il duello assurge a elevata prova di virilità, dove l’onore viene difeso a colpi di sciabola.
Diciamolo, gli intellettuali di oggi non padroneggiano l’uso della penna, figuriamoci l’uso di una spada. Forse Alessandro Barbero (che tra le armi avrebbe sicuramente scelto la spranga) ci avrebbe dato grandi soddisfazioni, ma ben altri “intellettuali al caviale”, se sfidati a duello non sarebbero durati che pochi secondi.
Per Filippo Tommaso Marinetti regolare i conti con un istituto arcaico e sentimentale come il duello non era affatto assecondare un passatismo (stiamo sempre parlando di uomo che, sessantenne e sofferente, partì volontario in quel carnaio che fu la campagna di Russia). Il duello era sì un affare da gentiluomini in camicia con manica a sbuffo, ma ci si feriva, a volte si moriva. Perché per uomini come Marinetti era meglio morire che morire di vergogna per un’onta o un affronto.
E a pensarla come lui e la sua brigata di rumorosi avanguardisti c’erano anche giornalisti, politici, poeti e scrittori del calibro di Malaparte, Ungaretti, Trilussa, d’Annunzio, lo stesso Mussolini era un abile spadaccino: tutti incrociavano le spade per regolare i conti secondo un antico codice cavalleresco.
Al tempo in cui Marinetti lanciò la sfida alle stelle i duelli, benché fuorilegge, erano ormai diffusi in tutta Europa. I quotidiani e i settimanali spesso pubblicavano i verbali degli scontri corredati da foto e belle illustrazioni. Sulla scorta del successo di romanzi che celebravano la figura del duellante giustiziere (pensiamo a Zorro, Scaramouche, Cyrano, i Moschettieri) si diffondono trattati e manuali che di fatto legittimano una sorta di diritto simultaneo e parallelo alla Legge ufficiale.
E rifiutare una sfida equivaleva a un declassamento sociale e morale!
A tal uopo è giusto ricordare la figuraccia di Oscar Luigi Scalfaro, ex Presidente della Repubblica Italiana, che nel 1950 rifiutò indegnamente di accettare la sfida provocata da un suo rimprovero inopportuno e bacchettone indirizzato alla scollatura di Edith Mingoni Toussan, moglie e figlia di due ufficiali dell’Aeronautica. L’allora [dis]Onorevole Scalfaro venne sfidato a duello non solo dal marito e dal padre della donna, ma dalla stessa Edith, abile schermitrice. Memorabile e azzeccato l’intervento del principe Antonio de Curtis, in arte Totò, che accusò pubblicamente Scalfaro di fellonia sull’«Avanti!»1.
Sono anni in cui duellare è un fenomeno sociale, ci si batteva per vendicare un affronto, una critica, uno sfottò. O anche un tamponamento stradale.
Aeroduelli vinti, persi e mancati
Tra i tanti duelli di Marinetti è il caso di citare lo scontro con il giornalista Carlo Chiminelli scaturito proprio da un diverbio per via di un incidente di viaggio. Il duello fu interrotto al 7° assalto durante il quale Chiminelli ferì Marinetti. Era il 3 maggio 1924 e nei verbali di scontro («L’Impero», 1924) i medici dichiarano il duello interrotto per “ferita alla regione latero esterna del braccio destro con lesione venosa profonda”.
Oppure il duello (mancato) con Francis McCullagh corrispondente di guerra irlandese che criticò duramente la condotta italiana a Tripoli. Nell’aprile 1912 Marinetti si recò in Inghilterra per sfidarlo presentandosi in casa di McCullagh il quale, facendo leva sul rispetto puntiglioso per l’etichetta del duello, rifiutò la possibilità di discuterne in punta di spada.
Ma tra i duelli di Marinetti il più noto è stato quello disputato a Parigi il 16 aprile 1909 con il critico Charles Henry Hirsch, colpevole di aver stroncato Le Roi Bombance su «Le Journal». Secondo i verbali pubblicati su «Poesia» il duello fu interrotto per la grave ferita che Marinetti inferse al braccio di Hirsch.
Ma tecnicamente come si organizzava un duello? La fantasia evoca immediatamente scene viste decine di volte nei film o lette nei romanzi di cappa e spada. Una radura isolata alle prime luci dell’alba, due uomini in camicia immacolata, il tintinnio di spade nella nebbia o il gelido e infinito fermo immagine di due pistole puntate. Ma il duello non era soltanto un insieme di stoccate e parate scaturite da uno scenico schiaffo col guanto, a monte c’era un decalogo di rigide regole cavalleresche da studiare e mettere in pratica con abilità da vero schermidore.
In guardia!
Jacopo Gelli nel suo Manuale del duellante in appendice al codice cavalleresco italiano indicava i sette punti fondamentali per regolamentare uno scontro d’onore:
- il lancio della sfida
- l’accettazione
- la designazione di due padrini per ciascun duellante (lo stesso Marinetti è stato padrino dello scultore Guido Treves)
- i duellanti dovevano essere autentici gentiluomini
- l’uguaglianza delle armi
- la lealtà nel combattimento e nell’uso delle armi
- la presenza allo scontro di un medico
Al duello seguiva la redazione di verbali precisi e circostanziati, documenti che in caso di duellanti famosi spesso venivano resi pubblici sui giornali. I duelli si distinguevano in “duelli al primo sangue”, per ovvie ragioni più diffusi rispetto ai “duelli all’ultimo sangue”, il cui fine era di infliggere al contendente una stoccata non mortale, ma tale da sancire la risoluzione della onorevole disputa.
Da fenomeno sociale a sport il passo è stato breve. In quegli anni si moltiplicarono i circoli sportivi nei quali si praticava la scherma, e prestigiose scuole come la romana Accademia delle Armi del Maestro Agesilao Greco (definito dallo stesso Marinetti il “Giaguaro dell’italianità”), annoveravano tra gli allievi avvocati, politici, artisti e scrittori che amavano duellare per sport.
Plus est hominem extinguere veneno, quam occidere gladio – È più grave uccidere un uomo con il veleno che con la spada
Insomma, nel secolo scorso i gentiluomini di cultura erano tutt’altro che di orientamento pacifista. Duellanti e baruffanti poco avvezzi alla constatazione amichevole, uomini focosi e con la guerra sempre in testa. Ma uomini. Veri uomini pronti a tutto per sostenere il proprio pensiero, la propria arte e le proprie idee con le quali hanno cambiato l’Italia a colpi di fendenti di avanguardia.
Avanguardia che erano capaci di infilare anche in un istituto arcaico, romantico e completamente illegale come il duello.
Tutto ciò suona come un voler legittimare la violenza e la giustizia privata? Forse. Dopo secoli di spade incrociate clandestinamente il duello è stato cancellato dal Codice Penale nel recente 19992.
Perché? Talmente anacronistico da declassarlo a reato minore? Noi che, “la guerra sola igiene del mondo”, siamo belli e maliziosi, e pensiamo che sì, trattasi di una silente esortazione a una via più rapida e risolutiva per ottenere giustizia.
Un guanto, l’attesa della giustizia divina o l’attesa eterna della giustizia italiana?
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1 «Siamo uomini o…» lettera aperta di Totò a Oscar Luigi Scalfaro pubblicata sull’«Avanti!» n. 278 del 23/11/1950 – PDF tratto dall’Archivio del Senato della Repubblica.
2 L’art. 394 R.D. n.1398 del 1930 che sancisce il carattere penale del reato di duello viene abrogato dall’art. 18, comma 1, L. 25 giugno 1999, n. 205. Fonte ufficiale Normattiva.
Nella foto di copertina Marinetti, “più bello della Vittoria di Samotracia”, in uniforme da schermidore (fonte “A magnificent photo of Marinetti in Fencing uniform. No date”, Beinecke Rare Book and Manuscript Library Yale).
Daniela, classe ’77. Patriottista militarista aspirante futurista. A volte turista.
Commenti, fischi, applausi, zuffe
Daniele Imperi
Sapevo del duello con Hirsch, e più tardi avevo letto un cenno al duello con il giornalista mi pare, ma di McCullagh non sapevo.
I letterati di quell’epoca non erano sedentari e “tranquilli” come oggi. Bei tempi andati.
L'Orsa elettrica
Non penso che siano tutti qui i duelli, chissà quante altre volte Marinetti ha incrociato la spada per un regolamento di conti. La spada come anche i pugni! Epica e leggendaria fu la sua spedizione punitiva contro Ardengo Soffici, colpevole di aver massacrato nel 1911 la prima mostra futurista su “La Voce”. Marinetti prese il treno (insieme a Carrà e Boccioni) da Milano e raggiunse Soffici a Firenze. Lo trovarono davanti allo storico bar Giubbe Rosse, dove tra ceffoni e legnate a non finire, il tutto si concluse a tarallucci e vino: dopo una appassionata discussione Soffici si convertì e così nacque il futurismo fiorentino 😀
Grazie per avermi ospitata ancora una volta 🙂